Anche il “bullismo” può essere stalking

Anche il “bullismo” può essere stalking
30 Luglio 2018: Anche il “bullismo” può essere stalking 30 Luglio 2018

Il fenomeno del c.d. “bullismo” (dal termine inglese “bullying”: opprimere, tiranneggiare) si estrinseca in una forma di sopraffazione che crea nella vittima una condizione di sofferenza, con una forte svalutazione della propria identità e un alto rischio di emarginazione dal gruppo.

Esso si estrinseca in comportamenti caratterizzati da violenza fisica, verbale e psicologica, che sono idonei ad integrare diverse fattispecie di rilevanza penale, tra cui lesioni personali, minacce, percosse, diffamazioni e via dicendo.

Con la sentenza n. 26595/18, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione si è occupata di tali condotte, sottolineando come le stesse possano configurare anche il reato di c.d. stalking “scolastico”.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Catania, Sezione Penale Minori, aveva confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale per i minorenni per i reati di lesioni personali aggravate, percosse ed atti persecutori commessi da due ragazzini nei confronti del compagno di scuola.

I due imputati avevano quindi proposto ricorso per cassazione, contestando la sussistenza dei predetti reati, nonché la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Inoltre, uno dei due imputati aveva censurato altresì, per violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, la contestazione supplettiva del reato di stalking, fatto nuovo ed ulteriore rispetto all’iniziale capo di imputazione, effettuata dal Pubblico ministero nel corso dell’istruttoria dibattimentale, senza la previa acquisizione del consenso dell’imputato presente in aula.

Secondo la tesi del ricorrente, infatti, la suddetta contestazione, in violazione dell’art. 518, comma secondo c.p., avrebbe illegittimamente ampliato il thema decidendum.

In ogni caso, poi, le risultanze dibattimentali non avrebbero comunque dimostrato la sussistenza di reiterate condotte vessatorie e moleste, né di un perdurante e grave stato di ansia e di timore nella persona offesa, elementi oggettivi del reato di stalking.

La Corte di Cassazione, però, ha rigettato entrambi i ricorsi.

Anzitutto la Corte, ribadendo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha ricordato che “in tema di istruzione dibattimentale, la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante è consentita sulla base anche dei soli elementi già acquisiti in fase di indagini preliminari, non soltanto perché non vi è alcun limite temporale all'esercizio del potere di modificare l'imputazione in dibattimento, ma anche perché, da un lato, nel caso di reato concorrente, il procedimento dovrebbe retrocedere alla fase delle indagini preliminari e, dall'altro, nel caso di circostanza aggravante, la mancata contestazione nell'imputazione originaria risulterebbe irreparabile, essendo la medesima insuscettibile di formare oggetto di un autonomo giudizio penale (cfr. Cass., Sez. 2, 8.1.2009, n. 3192, rv. 242672)”.

Sicché, “per la legittimità della contestazione di una circostanza aggravante o di un reato connesso non è richiesto, in base al disposto dell'art. 517 c.p.p. anche il consenso dell'imputato, essendo sufficiente la sussistenza di un reato contestato in via principale, di una circostanza aggravante ad esso relativa ovvero di un rapporto di connessione quale previsto dall'art. 12 c.p.p., lett. b) tra la contestazione principale e quella suppletiva, la genesi di quest'ultima o della circostanza aggravante dall'approfondimento dibattimentale del materiale investigativo (cfr. Cass., Sez. 3, 8.4.1998, n. 6443, rv. 210970)”.

Nel caso di specie, vi sarebbe stata un’ipotesi di connessione ex art. 12 c.p.p., potendosi unificare sotto il vincolo della continuazione il reato di stalking con gli altri reati originariamente contestati agli imputati (lesioni personali volontarie e percosse), in quanto sorretti dal medesimo disegno criminoso (come riconosciuto dai giudici di merito).

Accertata pertanto la regolarità della predetta contestazione supplettiva, i Giudici di Piazza Cavour hanno dichiarato generici e di natura meramente fattuale gli altri motivi di impugnazione, con i quali i ricorrenti hanno proposto una mera rivalutazione del compendio probatorio, demandando alla Cassazione il compimento di un’operazione estranea al giudizio di legittimità.

In ogni caso, la Corte ha ritenuto del tutto condivisibile il percorso argomentativo seguito dal Giudice di secondo grado con riferimento alla ritenuta sussistenza dei reati contestati agli imputati, nonché alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, sottolineando, con particolare riguardo al delitto di cui all'art. 612 bis c.p., che “la pluralità delle condotte vessatorie poste in essere dai due imputati in danno del L.B., per tutto il periodo dell'anno scolastico in cui egli frequentò la scuola, costringendolo, prima, ad interrompere la frequenza scolastica ed, alla fine, ad abbandonare la scuola, eventi che [avevano] determinato un'evidente alterazione delle condizione di vita del minore, integrano, come correttamente ritenuto dal giudice di appello, la fattispecie incriminatrice, di cui all'art. 612 bis c.p., unitamente all'accertato stato di ansia e di paura per la propria incolumità fisica, insorto nel minore”.

Per tali ragioni i ricorsi degli imputati sono stati dichiarati inammissibili in toto.

 

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